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Nomina dell’Amministratore Apostolico di Cerignola-Ascoli Satriano

Il giorno 11 febbraio 2022, papa Francesco ha nominato Amministratore Apostolico della Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano Sua Ecc. Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo emerito di Bari-Bitonto. Ne ha dato l’annuncio Sua Ecc. Mons. Luigi Renna, eletto Arcivescovo di Catania e Amministratore diocesano di Cerignola-Ascoli Satriano, al termine del ritiro del clero presso la Parrocchia dello Spirito Santo in Cerignola. “Mons. Cacucci inizierà il suo ministero tra noi – ha comunicato Mons. Renna – a partire dal 19 febbraio p.v.”, data del suo ingresso nell’Arcidiocesi etnea.

“Siamo grati a papa Francesco per la scelta di mons. Cacucci – ha affermato Mons. Renna – perché conosciamo tutti la sua saggezza, la sua esperienza pastorale, la sua paternità, doti tutte che gli permetteranno di accompagnare come pastore buono la Chiesa diocesana fino all’arrivo del nuovo Vescovo. Siamo grati a Mons. Cacucci per aver accettato questo incarico: la sua generosità sarà certamente premiata dalla speciale assistenza dello Spirito Santo e dalla risposta affettuosa e obbediente di tutto il popolo di Dio, soprattutto nell’impegno del cammino sinodale che caratterizza questo tempo della vita ecclesiale. Preghiamo fin d’ora per mons. Cacucci e accogliamolo nei nostri cuori”.

Invito a pregare per la pace

Carissimi fratelli, papa Francesco ieri, 23 gennaio, preoccupato per i ” venti di guerra” che agitano l’Ucraina, all’Angelus ha invitato a pregare per la pace il giorno 26 gennaio p.v. Pertanto vi chiedo di accogliere questo invito in tutte le chiese della nostra Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano: si celebri possibilmente la Messa con questa intenzione, e in ogni parrocchia e cappella di istituto religioso si chieda l’intercessione della Beata Vergine Maria con il santo Rosario e la supplica alla Madonna di Pompei.
Un caro saluto a tutti,

+ Luigi, amministratore diocesano

La celebrazione in diocesi della 55a Giornata Mondiale per la Pace: “Dalla Tragedia alla Speranza”

Si terrà sabato, 15 gennaio 2022, nella chiesa parrocchiale di San Rocco a Stornara, con inizio alle ore 18, la celebrazione della 55a Giornata Mondiale per la Pace sul tema “Dalla Tragedia alla Speranza”, organizzata dalla Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano con la Caritas Diocesana, l’Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro, Pace, Giustizia e Salvaguardia del Creato, il Servizio Civile Universale.

L’evento sarà celebrato a Stornara, territorio ferito dalla tragedia della morte dei due bambini di nazionalità bulgara abitanti nel campo rom situato nei pressi della cittadina. Afferma papa Francesco nel Messaggio per la Giornata: “Come ai tempi degli antichi profeti, anche oggi ‘il grido dei poveri e della terra non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace”. Questo grido deve scuotere le nostre coscienze per rinnovare un impegno concreto, da parte di ogni istituzione, nel trovare soluzioni in cui proprio i più fragili e vulnerabili possano essere tutelati e difesi. Celebrare la Giornata per la Pace significa schierarsi dalla parte dei poveri, difendendoli anche dalla violenza della povertà e dell’indifferenza.

Sottolineando l’esistenza di una “architettura” della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e  un “artigianato” della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona, il Santo Padre ricorda che “Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati”. Papa Francesco indica, altresì, tre vie per la costruzione di una Pace duratura: “Anzitutto, ‘il dialogo tra le generazioni’, quale base per la realizzazione di progetti condivisi. In secondo luogo, ‘l’educazione’, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo. Infine, ‘il lavoro’ per una piena realizzazione della dignità umana. Si tratta di tre elementi imprescindibili per ‘dare vita ad un patto sociale’, senza il quale ogni progetto di pace si rivela inconsistente”.

Dopo un video sul tema della Giornata preparato dal Servizio Civile Universale Diocesano, seguirà un dibattito dal titolo “Quali strumenti per edificare una pace duratura?” con  la presenza di don Luigi Ciotti, presidente di “Libera”, e del giornalista Toni Mira. Concluderà l’incontro la Preghiera Ecumenica presieduta da Sua Ecc. Mons. Luigi Renna, Vescovo Eletto di Catania, Rosario Confessore, Pastore Valdese, e Padre Marian Micu, Parroco Ortodosso.

Nel rispetto delle normative  anti-Covid 19, l’ingresso sarà consentito, fino ad esaurimento posti, a quanti saranno in possesso del Green Pass e della mascherina FFP2.

Annuncio della nomina ad Arcivescovo di Catania di S.E. Mons. Luigi Renna

Annuncio della nomina ad Arcivescovo di Catania di S.E. Mons. Luigi Renna

Salone “Giovanni Paolo II” della Curia Vescovile di Cerignola

8 gennaio 2022 – Ore 12

 

Carissimi,

voglio iniziare anche quest’oggi dalla Parola di Dio, dal brano di Isaia che ci è stato donato nell’Ufficio delle Letture di oggi 8 gennaio, perché è pur sempre vero che “il primo gesto” della Chiesa in uscita è l’ascolto.

 

Isaia 62

[1] Per amore di Sion non tacerò,

per amore di Gerusalemme non mi darò pace,

finché non sorga come stella la sua giustizia

e la sua salvezza non risplenda come lampada.

 

Sono le parole del profeta che sente che la sua esistenza è tutta per Gerusalemme: la sua voce, le sue energie, il suo tempo, che si spinge fino ad una meta che sembra impossibile, quella in cui risplenderà la giustizia in una città in cui ci sono stati disastri e versamento di sangue. È il desiderio di ogni pastore e di ogni uomo e donna che si sentono corresponsabili di quella nuova Gerusalemme che è la Chiesa.

[2] Allora i popoli vedranno la tua giustizia,

tutti i re la tua gloria;

ti si chiamerà con un nome nuovo

che la bocca del Signore indicherà.


[3] Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,

un diadema regale nella palma del tuo Dio.


[4] Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,

né la tua terra sarà più detta Devastata,

ma tu sarai chiamata Mio compiacimento

e la tua terra, Sposata,

perché il Signore si compiacerà di te

e la tua terra avrà uno sposo.

 

Qui il profeta riconosce che anche Gerusalemme, la città devastata, i cui abitanti sono stati umiliati e deportati, quella in cui sono rimasti i più poveri a guardia delle vigne e degli oliveti, è una città amata da Dio, sposata da Lui, nonostante la sua pochezza. Questo brano ci insegna ad amare la Chiesa: lo insegna ad ogni battezzato, ad ogni pastore, che non è lo sposo della Chiesa, che rimane pur sempre Cristo, ma l’amico dello Sposo, che gioisce alla Sua voce e conduce la Sposa dal Suo Amato.


[5] Sì, come un giovane sposa una vergine,

così ti sposerà il tuo architetto;

come gioisce lo sposo per la sposa,

così il tuo Dio gioirà per te.

 

Davanti a questo mistero dell’amore nuziale della Chiesa, oggi l’amico dello Sposo che è il Vescovo vi annuncia che, nell’obbedienza e nella comunione di tutte le Chiese presiedute dal Vescovo di Roma, papa Francesco, è stato chiamato ad essere pastore della Chiesa che è in Catania. In questi giorni di festa, mentre vivevo ogni celebrazione e ogni incontro con voi, pensavo a questo momento, a come sarebbe stato segnato dalla sofferenza del distacco.

In questi anni ho cercato di voler bene a tutti e di essere il pastore di tutti, in quello stile che attinge al Concilio Vaticano II, al quale sono stato formato da un grande maestro, mons. Agostino Superbo, che ieri mi ha incoraggiato, chiamandomi dalla Casa di riposo dove, con il suo esempio e la sua preghiera, continua ad essere il maestro di tutti noi che ci siamo formati alla sua scuola. A questo stile sono stato iniziato da tanti maestri che a Molfetta, ad Andria, in questa cara Regione, sono stati docenti, padri e fratelli. Lo stile del Vaticano II: che crede, anzitutto, che la liturgia è fonte e culmine; che nella Parola Dio si rivolge a noi come ad amici; che la Chiesa è popolo di Dio; che il rapporto Chiesa-mondo è improntato a condivisione piuttosto che a fuga dalla realtà o commistione con i poteri; che l’ecumenismo è via in cui credere e da perseguire con amore e pazienza; che la formazione del clero deve tendere all’unità tra ministero e vita; che i laici hanno la dignità di chi edifica la Chiesa “crismando” le realtà temporali; che la dignità dell’uomo è gloria di Dio; che i poveri sono la nostra opzione preferenziale; che il compito di educare è nel Dna della Chiesa che è Madre; che la comunicazione sociale è una forma di evangelizzazione.

Ringrazio papa Francesco per la fiducia che ha avuto nell’affidarmi un carico così grande: mi fido del suo discernimento! Lo ringrazio anche perché ci spinge sempre a seguire la via stretta ma sicura del Vangelo, in scelte piccole e grandi.

Mi sento come Abramo, ho scritto nel primo saluto alla nuova Diocesi: “Non sono mai stato a Catania, e mi sento come Abramo che lascia la sua terra per andare verso un luogo totalmente inesplorato – tranne che per le tante letture degli scrittori siciliani che mi hanno affascinato fin dagli anni del liceo – nel quale il Signore lo precede e gli prepara il cammino con un popolo di fratelli e sorelle. Alcuni giorni fa commentavo alcuni testi della Genesi (12,7-9; 13,18) per la celebrazione del matrimonio di due cari amici che sono convolati a nozze in età matura, e notavo che Abramo dovunque andasse piantava una tenda e costruiva un altare. ‘Costruire una tenda’, cioè abitare con i fratelli, accolti sotto quegli spaziosi teli dei nomadi, che lì hanno tutta la loro vita ospitale; e ‘piantare altari’ a gloria di Dio, sapendo che ogni luogo che è sotto il cielo è sotto lo sguardo del Padre, proprio come mi insegnava mia mamma nella prima preghiera che mi ha insegnato: ‘Dov’è Dio? In cielo, in terra e in ogni luogo’. Tende e altari disseminano la vita di un credente, forse di ogni uomo, certamente di un presbitero e di un vescovo: le mie radici nel mio caro paese natale, Minervino Murge; gli anni di formazione e di ministero in Seminario e in tanti ambiti pastorali nella mia cara Andria; la ‘tenda’ del Seminario Regionale di Molfetta, che è vasta come la Puglia; i sei anni della Chiesa di Cerignola-Ascoli Satriano, impegnativi e stupendi; le Chiese sorelle di Puglia con i miei cari Confratelli Vescovi. Quanti volti, quante storie, quante situazioni che mi hanno visto più discepolo che maestro! In ciascuno di questi luoghi ho piantato la tenda, l’ho poi levata, ma è rimasto ‘l’altare’ della gratitudine al Signore e i legami della fraternità”.

Quando sono stato chiamato per andare a Catania ho detto subito di “Sì”, come ho sempre fatto e come bisogna sempre fare anche davanti all’ignoto e alle cose difficili: “Dove c’è obbedienza, c’è grazia”, dice l’Imitazione di Cristo; “nulla chiedere e nulla rifiutare”, afferma San Francesco di Sales, il santo del giorno del mio battesimo; e San Tommaso d’Aquino, nella Summa si chiede se è bene accettare un incarico così gravoso e lui, che era teologo e non pastore, si affida all’esperienza di sant’Agostino, citandolo: “Se la santa Madre Chiesa esige una vostra cooperazione, non dovete né accogliere la richiesta con avidità orgogliosa, né respingerla con pigrizia. Non anteponete la vostra tranquillità alle necessità della Chiesa” (Ad Eudossio, Epistola 48).

Mi sono chiesto se questa accettazione può provocare sofferenza e smarrimento, e mi sono detto che questo è possibile, ma non al punto tale da sentirsi indispensabili nella Chiesa di Cerignola-Ascoli Satriano. Ciò che è importante è continuare in un processo che non è iniziato con me, ma da quando la Chiesa esiste. Ogni tempo ha un suo specifico e questo è il tempo in cui sentiamo quanto sia necessario un rinnovamento ecclesiale, che è soprattutto spirituale, cioè animato dallo Spirito Santo, che è un compositore di sinfonie.

Ci sono due compiti che attendono questa Chiesa: il procedere del cammino sinodale, che è solo agli inizi, e il rinnovamento della Catechesi dell’Iniziazione cristiana. Voi che avete avuto il mandato specifico in questi ambiti continuate perché non ho cercato mai di attuare delle mie “fisse”, ma quelle della Chiesa. Il mio vescovo della giovinezza, mons. Raffaele Calabro, mi ha insegnato che i piani pastorali di una Chiesa diocesana, quando vanno in sintonia con quelli delle Chiese che sono in Italia, la liberano dai particolarismi, dalle chiusure, dall’angustia di vedute.

Avremo tempo per salutarci e in questi giorni vi farò sapere quando farò il mio ingresso a Catania e il mio saluto alla Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano. In questo tempo in cui rimarrò qui, come Amministratore, tutto procederà come sempre, con impegno e carità: i momenti di transizione sono i più delicati. Perciò vi raccomando corresponsabilità e rispetto tra di voi: rifuggite dal chiacchiericcio, dalla malignità dei giudizi, dallo stile che non si addice a coloro che si chiamano fratelli e sorelle. Pensate che è importante camminare come Chiesa, non avanzare come singoli: abbiate l’ambizione non di arrivare primi, ma lontano, in Paradiso. E non tutte le strade portano al Paradiso!

Avrò il tempo di ringraziare ciascuno di voi, soprattutto chi collaborando con me ha dovuto soffrire di più. Lunedì nominerò il Delegato ad omnia nella persona del Vicario generale, mons. Antonio Mottola, ma ognuno di voi si senta corresponsabile del cammino della vita ecclesiale e, soprattutto, della testimonianza che la Chiesa di Cerignola-Ascoli Satriano dà al mondo: ricordatevi che il mondo ha bisogno della nostra credibilità. Fin d’ora vi chiedo perdono per quello che può essere stato per voi motivo di sofferenza. Non serbo rancore nei confronti di nessuno, anche per i momenti difficili che ho vissuto io e la mia famiglia. I nostri legami rimangono e vi aspetto nella Diocesi etnea, tutti e quando volete. Se non vi telefonerò con curiosità sulle questioni della Diocesi, è perché ritengo che questo non sia lo stile di una persona matura. Prego fin d’ora per il futuro Pastore di questa Chiesa, perché sia un vescovo che incarni la carità pastorale che il Concilio Vaticano II ci ha indicato e che ha preso forma in vescovi santi come don Tonino Bello.

Vi voglio e vi vorrò sempre bene,

 

† Luigi Renna

Vescovo eletto di Catania

Amministratore Apostolico di Cerignola-Ascoli Satriano

Omelia nella solennità del Natale del Signore – Messa della notte

Il Segno piccolo e grande che ci mette in cammino

 

Il buio di questa notte e di ogni notte dell’umanità viene illuminato da una luce che raggiunge un popolo che cammina al buio, dice il profeta Isaia (cf 9, 1): come non vedere in queste parole la condizione dell’umanità intera che tante volte brancola nell’oscurità di ogni tipo? Il buio non fa intravedere l’orizzonte e la direzione dove andare: anche a noi sembra tante volte che, a problemi più grandi di noi, non ci siano soluzioni e non si intravedano vie d’uscita. C’è la pandemia che incalza ancora, ci sono le guerre e la crisi ambientale che metteno in fuga popolazioni intere, ci sono le povertà di tanta fascia di popolazione e i ghetti degli immigrati ai margini delle nostre città. Il Signore non vuole che l’umanità si abitui al buio, ma fa intravedere in ogni tempo la Sua Luce.

Il volto del nostro prossimo, a causa delle tenebre dell’odio e del sospetto, assume i tratti del nemico e dell’avversario; ma questa non è la verità sull’altro, bensì è un’illusione del buio, che deforma la nostra umanità e non ci fa intravedere l’immagine e la somiglianza con il Creatore che è impressa nell’identità di ogni essere umano. Papa Francesco ci ha ricordato che “In questo scontro di interessi che ci pone tutti contro tutti, dove vincere viene ad essere sinonimo di distruggere, com’è possibile alzare la testa per riconoscere il vicino o mettersi accanto a chi è caduto lungo la strada? Un progetto con grandi obiettivi per lo sviluppo di tutta l’umanità oggi suona come un delirio. Aumentano le distanze tra noi, e il cammino duro e lento verso un mondo unito e più giusto subisce un nuovo e drastico arretramento” (Francesco, Fratelli tutti, 16).

“Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce” (Is 9,1): è quella che appare all’orizzonte nella Notte Santa, la Luce vera, Colui che ha detto di sé: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12). Questa luminosità non abbaglia, ma si leva dolce e dorata come l’aurora dentro le colline e gli orizzonti delle nostre pianure perché ha i caratteri della tenerezza e della piccolezza. Ai primi ad essere invitati a svegliarsi nella Notte, i pastori delle campagne di Bethlem, è indicato un segno davvero molto piccolo: un Bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’albergo (cf Lc 2,7.12). Come tutti i segni che Dio dona, quello di Bethlem ci sorprende per la sua dimensione; ma è proprio di Dio agire così, come afferma una espressione della tradizione gesuitica: “Non essere costretto da ciò che è più grande e tuttavia essere contenuto in ciò che è più piccolo, questo è divino” (non coerceri a maximo, contineri tamen a minimo divinum est).

Davanti a questo prodigio del Grande “contenuto” nel piccolo, Sant’ Agostino, uomo che ha scoperto Dio dopo aver cercato a lungo il segreto della vita, esclama: “Il Creatore è nato da Maria; il figlio di David è il Signore di David; discende da Abramo colui che era prima di Abramo; l’autore della terra è formato sulla terra; il Creatore del cielo è creato sotto il cielo”. Come non fare nostra questa meraviglia? Il Segno del Bambino nella mangiatoia è umile, ma ha delle grandi risposte per l’umanità. Sono le risposte che ci svelano i grandi misteri che interpellano il nostro cuore e ci mettono in cammino, tutti insieme. È un segno che ci indica quale è la strada e come percorrerla.

Il Bambino è avvolto in fasce ed è deposto in una mangiatoia perché non c’era posto per loro nell’albergo (cf Lc 2,7). In quel “per loro” c’è quasi una sottolineatura che parla di discriminazione: per altri c’era un giaciglio, per Maria e Giuseppe invece no. Può essere questo piccolo Segno una grande luce? Pare proprio di sì, e continua ad essere il lieto annuncio di duemila anni.

Il Bambino avvolto in fasce è Dio che si fa creatura fragile che ha bisogno di cura e di accoglienza; la luce che illumina i buoi orizzonti della storia è in questo Dio che si è fatto uomo come ogni uomo, per insegnarci a riconoscere, accogliere, prenderci cura, a partire dalle mangiatoie, che sono il segno di ogni periferia e di ogni esclusione. Come non ricordare questa sera le mangiatoie dei nostri ghetti e i lettini andati in fiamme con quelle tenere creature che riposavano su di essi, all’accampamento vicino a Stornara? Le fasce, il luogo della nascita, la mangiatoia: la luce, che illumina i popoli, si irradia da lì dove Dio si è voluto manifestare e disarma i nostri progetti, le nostre impalcature ideologiche, le divisioni che erigiamo nei cuori, l’inequità che costruiamo con una economia che crea diseguaglianza, la corruzione e con il malaffare che generano povertà che si perpetuano a volte per generazioni, perché impediscono proprio ai più piccoli di crescere.

Questa notte alcuni godono della loro iniqua ricchezza, rimanendo nel buio del cuore, mentre i poveri che hanno impoverito con i loro loschi affari e con lo spaccio di droga vedono tarpate le ali del loro futuro. Guardando quel piccolo e allo stesso tempo grande Segno, oggi noi ci chiediamo se lo abbiamo compreso ed accolto, se la nostra vita si sta consumando nel buio e nella ricerca di vanità grandiose, oppure si sta convertendo alla luce dell’amore, della riconciliazione, della cura dell’umanità che rifulge nella mangiatoia di Bethlem.

Il popolo che vede la Luce è un gruppo di pastori perché i grandi progetti e le strade di salvezza non sono per una élite di persone, ma sono per tutti, nessuno escluso. C’è una poesia di un autore francese che ha lottato contro il nazismo ed ha scritto molto sulla pace, che sembra incarnare questa aspirazione che nel Vangelo risplende in tutta la sua verità. Egli scrive: “Non verremo alla méta ad uno ad uno. Ma a due a due, se ci conosceremo. A due a due, noi ci conosceremo. Tutti, noi ci ameremo tutti e i figli un giorno rideranno della leggenda nera dove un uomo lacrima in solitudine” (Paul Eluard, 1895-1952).

Il popolo in cammino è costituito da tutti gli uomini, amati da Dio, che si mettono in cammino verso un futuro che assicuri dignità per tutti. È il popolo dei discepoli del Signore Gesù, che Egli invita ad andare ad annunciare il Vangelo a “due a due”, perché testimonino fraternità. È il popolo della Chiesa di ogni tempo, di cui Paolo VI ebbe a dire: “Tutto ciò ch’è umano ci riguarda. (…) Dovunque i consessi dei popoli si riuniscono per stabilire i diritti e i doveri dell’uomo, noi siamo onorati, quando ce lo consentono, di assiderci fra loro” (Paolo VI, Ecclesiam suam, 101). È il popolo dei sante e delle sante, di cui il nostro popolo è tanto devoto, che si sono sempre fatti fratelli e sorelle di tutti. La luce di Cristo fa questo miracolo: illumina il volto dell’altro e ci fa scoprire che è quello di un fratello.

Il mistero del Natale rafforzi nella Chiesa il senso del cammino sinodale, che è strada da percorre insieme alla Luce di Cristo. Rafforzi la nostra testimonianza, perché siamo chiamati a divenire artigiani di fraternità in ogni relazione, anche le più difficili, attraverso il silenzio verso chi ci offende, il dialogo con tutti, la pazienza dei costruttori di pace. Illumini ogni uomo e ogni donna, perché scopra che la Luce di quel piccolo segno fa intravedere la strada della salvezza e dia incoraggiamento a percorrerla nella fraternità, l’unico modo che è dato all’umanità per raggiungere la beatitudine che Dio prepara a tutti gli uomini, da Lui immensamente amati.

Auguri ad ogni fratello o sorella che cerca una Luce: sollevi il capo verso la mangiatoia di Bethlem. Auguri a chi si sente solo: cerchi il volto dell’altro e scoprirà che c’è. Auguri a chi si sente incamminato verso la Luce e non è solo: guardi lungo i cigli della strada se c’è qualcuno che attende la sua compagnia.

 

 

                                                                                    † Luigi Renna

                                                                  Vescovo di Cerignola- Ascoli Satriano

Profonda solidarietà e appello all’integrazione – Il messaggio del vescovo Luigi Renna per la tragedia di Stornara

Ieri, mentre visitavo l’Istituto Comprensivo “Aldo Moro” di Stornarella, in mezzo ai canti, alla gioia e alle riflessioni di bambini e ragazzi, mi è giunta la notizia del rogo nella baraccopoli di Stornara, che ha tolto la vita a due bambini di due e quattro anni. Che sofferenza per quei genitori e per quella comunità, alla quale ci sentiamo vicini e con la quale vorremmo dialogare di più! Che shock per tutti noi, che ci sentiamo strappati al calore delle nostre case, alla bellezza dei nostri presepi e allo scintillio degli alberi di Natale dalla dura realtà di capanne più misere di quelle in cui è nato il Signore, e che ospitano famiglie e bambini invisibili, che sono dietro le nostre case, occultate dietro le nostre strade statali e provinciali!

Non possiamo girare la testa dall’altra parte e ci chiediamo quanta inclusione, oltre la prima accoglienza, ci sia nella nostra terra; quanta progettualità nella politica a tutti i livelli; quanta audacia nella Chiesa per superare le barriere impenetrabili dei ghetti così numerosi nella Capitanata. “Troppe volte – ha ricordato di recente papa Francesco rivolgendosi ai rom – siete stati oggetto di preconcetti e di giudizi impietosi, di stereotipi discriminatori, di parole e gesti diffamatori. Con ciò tutti siamo divenuti più poveri, poveri di umanità. Quello che ci serve per recuperare dignità è passare dai pregiudizi al dialogo, dalle chiusure all’integrazione”.

Nei progetti tanto attesi del Pnrr quanto spazio avrà la condizione di questi invisibili? Quando la soluzione, tante volte annunciata ma mai realizzata, di costruire abitazioni, che vada al di là dell’abbattimento con ruspe di quelle misere abitazioni? Quei bambini, che non dovevano essere in un posto così poco dignitoso per loro e per nessuno – ed uno di essi doveva essere alla scuola dell’infanzia – dicono la nostra inadeguatezza a pensare un mondo migliore, a una inclusione con persone con cui occorre costruire pazientemente un dialogo.

Che lo sguardo di fede sulla culla di Betlemme non ci faccia dimenticare i due corpicini trovati morti nel rogo; che il volto di Maria nei nostri presepi ci ricordi le lacrime della loro mamma, e che finalmente i progetti diventino scelte e azioni concrete perché l’inclusione e la soluzione di nuclei abitativi degni dell’umanità siano il primo “ordine del giorno” della nostra Regione Puglia, della Prefettura di Foggia, dei nostri Comuni. So di parlare a cuori sensibili ed intelligenti. Noi cercheremo di fare la nostra parte con la grande forza di volontari che possono trovare soluzioni o dare aiuti. Ma un Paese civile, con una Costituzione così lungimirante, non risolve i problemi sociali soltanto con la carità…

Cerignola, dalla Sede Episcopale, 18 dicembre 2021.

 

 

     † Luigi Renna

Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano

Ordinazione diaconale di Giuseppe Pio Di Donato

Lunedì 27 dicembre 2021, nella festa di San Giovanni apostolo ed evangelista, il vescovo Luigi Renna ordinerà diacono l’accolito Giuseppe Pio Di Donato. La celebrazione eucaristica, che avrà luogo nella Basilica Cattedrale “San Pietro apostolo” in Cerignola, avrà inizio alle ore 19.00.

Nato a Cerignola nel 1996, Giuseppe Pio, della comunità parrocchiale “San Domenico”, ha frequentato il liceo Classico “Nicola Zingarelli”. Dopo gli studi filosofici e teologici nel Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” in Molfetta, Giuseppe è stato affidato, per completare il suo cammino di formazione pastorale, alla parrocchia “Santa Maria della Stella” in Stornarella. Si prepara a consacrare la sua vita nel ministero ecclesiale, ricevendo l’ordine sacro del diaconato, in vista della ordinazione presbiterale.

“Vi invito – è l’esortazione del vescovo Renna – ad unirvi alla gioia dell’intera Chiesa diocesana, innalzando a Dio la preghiera perché ci siano numerosi e santi operai per la sua vigna”.