Author: pierluigimastroserio

Alla scuola di papa Francesco per “La cultura della cura come percorso di pace”

Anche se le disposizioni per fronteggiare la diffusione del virus, quest’anno, non permettono lo svolgimento della tradizionale Marcia per la Pace, fissata come da consuetudine nel terzo sabato di gennaio, non mancherà, nel pieno rispetto delle norme anti Covid, una serata di preghiera e di riflessione dedicata al bene comune.

Si terrà sabato, 16 gennaio 2021, con inizio alle ore 20, nella Basilica Cattedrale di San Pietro Apostolo a Cerignola, l’incontro sul tema “La cultura della cura come percorso di pace”, durante il quale saranno approfondite alcune delle tematiche offerte da papa Francesco lo scorso 1° gennaio con il Messaggio per la 54ª Giornata Mondiale della Pace: “Ogni aspetto della vita sociale, politica ed economica – scrive papa Bergoglio – trova il suo compimento quando si pone al servizio del bene comune, ossia dell’‘insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente’. Pertanto, i nostri piani e sforzi devono sempre tenere conto degli effetti sull’intera famiglia umana, ponderando le conseguenze per il momento presente e per le generazioni future”.

La preghiera, guidata dal vescovo Luigi Renna, anticiperà la testimonianza di don Raffaele Sarno, direttore della Caritas dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie-Nazareth e cappellano del Carcere di Trani. In un momento segnato dalla diffusione della pandemia, l’incontro – organizzato dalla Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, dall’Ufficio Diocesano per la Pastorale Sociale, dalla Caritas Diocesana, dall’Azione Cattolica Diocesana, dal Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile, dal Fondazione Migrantes e dalla Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali – costituirà una preziosa occasione per fare propri alcuni degli indirizzi offerti dal più recente magistero pontificio sul tema del bene comune: “Quanto ciò sia vero e attuale – continua papa Francesco – ce lo mostra la pandemia del Covid-19, davanti alla quale ‘ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme’, perché ‘nessuno si salva da solo’ e nessuno Stato nazionale isolato può assicurare il bene comune della propria popolazione”.

 

Riflessione nel V anniversario di consacrazione episcopale – 4 gennaio 2021

Carissimi fratelli e sorelle,
carissimi presbiteri e diaconi, religiose e religiosi,

per oggi era prevista la Celebrazione eucaristica che ci avrebbe riuniti in Cattedrale alle ore 19, ma l’attesa del tampone Covid, a cui dovrò sottopormi in misura precauzionale, e del relativo esito, ci costringe ad annullare questo appuntamento comunitario. Voglio rendermi, però, presente con questo scritto, che non definisco omelia, ma riflessione.

Ringrazio anzitutto don Antonio, il nostro Vicario generale, per aver pensato a questo momento comunitario e per averlo legato ad un dono da fare ad una struttura per anziani che sta a cuore all’intera Diocesi, la Casa di Riposo “Manfredi-Solimine” di Cerignola, uno dei primi luoghi che visitai al mio ingresso il 16 gennaio 2016. Ringrazio quanti di voi hanno offerto un dono per le necessità di questo luogo che accoglie alcuni nostri anziani, come anche chi ha voluto – con altre forme di carità – “festeggiare” con me questo quinto anniversario: credo che la condivisione sia la “lapide” più bella che rimane per celebrare certe ricorrenze. Essa non teme l’usura del tempo perché scritta nel Cuore di Dio. Grazie!

A cinque anni della mia ordinazione episcopale, mi lascio guidare dal ritmo della liturgia della Messa, scandito dall’Atto penitenziale, dall’ascolto della Parola, dalla Liturgia Eucaristica, dal mandato finale.

Anzitutto l’Atto penitenziale. Sento, col passare degli anni, che questo atto esprime la verità della nostra condizione umana, della Misericordia di Dio e della misericordia cristiana. Chiedo, perciò, perdono al Signore e a voi per le mie povertà e per le sofferenze che, senza volere, ho causato in qualcuno o in molti. Sento quanto siano vere le parole che Gesù ci ha insegnato: “Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Se cinque anni fa avete accolto una persona che non conoscevate nei suoi limiti, oggi accogliete un fratello chiamato a servirvi con la sua povertà. E così mi sforzerò di fare anche io con voi.

L’ascolto della Parola, in questa giornata del Tempo di Natale, ci riporta ad un testo evangelico (Gv 1,35-42) che parla di vocazione: quante volte l’ho meditato fin da ragazzo e poi l’ho commentato a mia volta. Oggi la Parola “legge” me e voi. È l’incontro dei primi discepoli con Gesù, così decisivo al punto che Giovanni ricorda l’ora in cui, molto probabilmente, anche lui, insieme ad Andrea, rimase con il Signore: le quattro del pomeriggio. Questo brano ci dice che, nella nostra vita, ciò che è decisivo è proprio l’incontro con Cristo Gesù, dove c’è qualcuno che ci indica la sua presenza (Giovanni Battista che lo “addita” come l’Agnello di Dio); qualcun altro che lo incontra con noi (Andrea, che è insieme al discepolo); qualcuno a cui noi annunciamo Cristo e a cui Lo accompagniamo (Andrea che presenta Gesù a suo fratello Simon Pietro). La vita della comunità cristiana è questo intreccio di relazioni, nelle quali c’è sempre il Signore al centro: questo fa la differenza del motivo per cui ci chiamiamo “comunità”, di Chi conosciamo, di Chi annunziamo. Credo che il nostro cammino sarà vitale nella misura in cui, nelle nostre relazioni, Cristo torni sempre al centro. A volte questo ci sfugge, e allora… succedono guai perché noi, per quanto bravi, non siamo capaci di amare come Lui, di incontrarci in Lui, di accompagnare a Lui. E, allora, specchiamoci in questo brano per rimanere alla scuola del Vangelo, in ogni ambito della nostra vita cristiana. Senza ostentazione, ma nella verità, come ci ricorda sant’Ignazio di Antiochia: “È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo”.
Mi colpisce, in questo brano, il riferimento a Simone, al quale Gesù dà il nome di Pietro, nome che rimane nella Chiesa e che ha un senso anche per noi, dopo duemila anni. Penso al suo Successore, la cui firma così minuta sottoscrive la mia bolla di nomina: “Francesco”. Ricordo le parole di rito dell’arcivescovo Francesco Cacucci all’inizio della celebrazione di consacrazione: “Avete il mandato del Papa?”. Sono venuto a voi perché chiamato ed inviato, e il legame che il Signore ha voluto stabilire tra Simone, figlio di Giovanni, e gli altri apostoli e la Chiesa intera è in quel nome: Cefa. Mi sento continuamente “pro-vocato” (nel senso di “chiamato per”) dalle sue parole, dal suo stile di prossimità e di povertà, dai suoi criteri di discernimento, che sembrano “sbaragliare” la vita della Chiesa, ma che invece la riportano alla sua identità, e chiedono anche a me e a voi di lasciarci “confermare” dal suo ministero nella nostra vita diocesana. Nel brano della risurrezione narrato dall’evangelista Giovanni, al capitolo 20, si legge che “Correvano insieme tutti e due (al sepolcro), ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo” (Gv 20,4). Oggi mi sembra che Pietro corra più di noi sulla strada del Vangelo e ci indichi uno stile in cui la Chiesa, riformandosi, sarà più credibile nelle scelte di sinodalità, di povertà, di una solida spiritualità. Sento che, in questi cinque anni, il Successore di Pietro ha guidato me e voi verso scelte non scontate. Credo che il suo magistero abbia ancora molto da dirci riguardo alla cura della fraternità, dei giovani, della famiglia, della casa comune del creato.

E veniamo alla Liturgia Eucaristica. Alcuni anni fa, il mio predecessore, il vescovo Giovan Battista Pichierri, con il nostro mons. Antonio Silba, curò un testo che faceva memoria dei presbiteri della Diocesi, intitolato “Un prefazio da cantare”. Oggi, in questo prefazio, ci metto tutti i vostri volti con le storie abitate da Dio: laici e laiche, presbiteri e diaconi, religiose e religiosi. Sento che ognuno di voi è un interprete importante di ogni singola nota nello spartito della storia della salvezza che attraversa questa nostra terra. Nel prefazio ci metto anche tutti gli avvenimenti di questi anni, quelli belli e gioiosi ma anche quelli che sono stati carichi di fatica e di sofferenza. Anche le ultime note della pandemia sono state contrassegnate da fede, da carità, da speranza più vere, proprio perché più messe alla prova. Non cantiamo forse in un Prefazio: “Ogni giorno del nostro pellegrinaggio sulla terra è un dono sempre nuovo del tuo amore per noi, e un pegno della vita immortale”? (Prefazio delle Domeniche del Tempo Ordinario IV). Davvero ringrazio il Signore per tutto, proprio per tutto, nello spirito di quel “Tutto è grazia” pronunciato la sera del 2 gennaio 2016. Allo stesso tempo chiedo che lo Spirito Santo ci “trasformi in offerta gradita” a Lui, nell’unica forma possibile per essere a Lui graditi: quella della comunione. Senza ostentazione, ma facendo sì che “mens concordet voci”!

Infine, c’è il mandato finale: “Andate in pace!”, perché possiamo vivere la liturgia della vita dopo la Liturgia dei Divini Misteri, come affermano i fratelli ortodossi. Ogni anno, per l’odierna occasione, commento il passaggio di un testo che non abbandono da trent’anni, gli “Esercizi spirituali” di sant’Ignazio di Loyola. Lo scorso anno mi soffermai sull’inizio della Seconda Settimana, dove l’Autore presenta la meditazione dei Due Vessilli, quella in cui Cristo chiama a raccolta i suoi discepoli sotto la “Sua bandiera” e Satana i suoi demoni: è un passaggio molto importante del cammino degli “Esercizi” perché invita a meditare sulla scelta di vita che, prima o poi, siamo chiamati a fare, e sulle scelte che continuamente siamo chiamati a confermare. Nella propria esistenza non si è “neutrali”, o meglio si può esserlo, restando però come gli ignavi, che Dante nella “Divina Commedia” pone fuori dall’Inferno, definendoli coloro “che vissero sanza infamia e sanza lodo” (vissero senza infamia e senza meriti), “spiacenti a Dio e a’ nemici suoi” (che dispiacevano sia a Dio che ai demoni). Nella vita occorre scegliere e sapere Chi si sceglie. Un amico mi faceva notare la modalità con cui negli “Esercizi” sant’Ignazio descrive come Gesù chiama i discepoli e come li chiama Satana. Costui coinvolge i demoni e li disloca ovunque, incitandoli a gettare reti e catene per tentare gli uomini su ricchezze, onori e superbia, fonte di tutti i vizi. Il Signore Gesù, invece, invita non i suoi angeli, ma gli uomini, e fa un discorso a “tutti i suoi servi ed amici a tale lavoro (la missione), raccomandando loro di aiutare tutti col portarli, prima a una somma povertà spirituale”. Gesù ci considera amici, si fida di noi – a differenza di Satana, che è infido – non ci tratta come schiavi – a differenza del Maligno che lancia catene e lacci, segni di prigionia – si affida alla nostra responsabilità: come vorrei che ciascuno nella nostra Chiesa avvertisse che Gesù non ci considera servi bensì amici (cf Gv 15,15), sentendosi chiamato non a “vivacchiare” ma a scegliere. Il Cristo raccomanda poi di “aiutare tutti”: non ci sono distinzioni tra degni ed indegni, ma tutti sono destinatari della nostra missione ecclesiale (anche se occorre vigilare molto per farsi mai “usare” da nessuno!). Ma cosa dobbiamo fare? Sant’Ignazio indica la prima delle beatitudini, che sta come la parte che richiama la totalità: portarli ad una povertà spirituale, a quella prima condizione che apre il Discorso della Montagna: “Beati i poveri in spirito” (Mt 5,3). Siamo chiamati a far sì che nel mondo si diffonda lo spirito delle beatitudini, la legge nuova del Regno di Dio. Ricevere il mandato – anch’io lo ricevo con voi – al termine di ogni Celebrazione eucaristica, guardando al nostro futuro, significa per noi continuare a sentirci collaboratori di Dio, per annunciare e incarnare quelle Parole così rivoluzionarie: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra…” (Mt 5,3-12). In questo momento storico così particolare, la nostra missione continua e la chiamata del Signore ci interpella: anche questo della pandemia è un tempo in cui la Chiesa annuncia e incarna le beatitudini.

È la nostra missione. È quello che conta nei progetti di Dio. Tutto il resto è vanità.

Vi abbraccio e prego per noi, chiedendo che Maria Santissima ci tenga per mano e non ci faccia mai smarrire la strada del Vangelo.

Vostro Luigi, vescovo

Quinto anniversario di ordinazione episcopale del vescovo Luigi Renna

«Secondo l’uso più antico, il giorno indicato per l’ordinazione episcopale è la “domenica”. Perché? Perché, come successore degli apostoli, il Vescovo viene ordinato nello stesso giorno in cui gli apostoli ricevettero lo Spirito Santo. La grazia episcopale è la continuazione del mistero della Pentecoste»: si legge così nel testo dell’omelia tenuta il 2 gennaio 2016, nel giorno di sabato, nei primi vespri della II Domenica dopo Natale, da Sua Ecc. Mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto – conconcelebranti Sua Ecc.za Mons. Felice di Molfetta, Amministratore Apostolico della Chiesa locale, e Sua Ecc.za Mons. Raffaele Calabro, vescovo di Andria, scomparso nel 2017 – nell’affollato Palazzetto dello Sport in Andria, durante l’ordinazione episcopale di mons. Luigi Renna, allora vescovo eletto della Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano.

Anche il quinto anniversario di ordinazione episcopale del vescovo Renna ricorre, quest’anno, nel giorno di sabato. Le ristrettezze imposte dalla necessità di limitare la diffusione del Covid-19 hanno, però, opportunamente suggerito di spostare la messa di ringraziamento a lunedì, 4 gennaio 2021, quando – con inizio alle ore 19 – Sua Ecc. Mons. Luigi Renna presiederà, nel pieno rispetto delle norme previste per il contenimento della pandemia, la solenne concelebrazione nella Cattedrale di Cerignola.

Non fu scelta a caso la data di ordinazione episcopale dal vescovo Renna: in quel giorno, infatti, ricorre l’anniversario della scomparsa del venerabile mons. Giuseppe Di Donna (1901-1952), il vescovo che guidò la Chiesa di Andria fra il 1940 e il 1952, del quale il vescovo Renna era stato vice-postulatore della causa di beatificazione durante gli anni di impegno pastorale nella diocesi di Andria e di guida, in qualità di Rettore, della comunità del Pontificio Seminario Regionale «Pio XI» di Molfetta.

AVVISO PUBBLICO ESPLORATIVO FINALIZZATO ALL’ESPLETAMENTO DI PROCEDURA NEGOZIATA DI LAVORI DI RESTAURO E ADEGUAMENTO FUNZIONALE DELLA BIBLIOTECA PARROCCHIALE “SAN TOMMASO D’AQUINO”

IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO RENDE NOTO
-che la stazione appaltante PARROCCHIA CRISTO RE di Cerignola, dovendo effettuare i Lavori diRESTAURO E ADEGUAMENTO FUNZIONALE DELLA BIBLIOTECA PARROCCHIALE “SANTOMMASO D’AQUINO” pubblica avviso al fine di individuare, nel rispetto dei principi di cui all’articolo30 e 36 coma 1 del Codice dei Contratti, gli Operatori economici da invitare a successiva proceduranegoziata ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui all’art. 1 comma 2 lettera b) del decreto-legge 16luglio 2020, n. 76 convertito in Legge 11 settembre 2020, n. 120 (“Decreto Semplificazioni”);
-che in caso di indagine di mercato, ai sensi del paragrafo 5.1.4. delle Linee Guida n. 4, di attuazione delD.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiorealle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatorieconomici”, approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1097, del 26 ottobre 2016 e successiviaggiornamenti ( l’ultimo è avvenuto con delibera del Consiglio n. 636 del 10 luglio 2019 al decreto legge 18aprile 2019, n. 32, convertito con legge 14 giugno n. 55, limitatamente ai punti 1.5, 2.2, 2.3 e 5.2.6) ladurata della pubblicazione dell’avviso di indagine di mercato è di 15 giorni…

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Il nostro Natale, fra decreti degli uomini e progetti di Dio che danno speranza – Omelia nella Santa Messa della Notte di Natale

“In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra” (Lc 2,1). Mai come in quest’anno siamo stati messi nella condizione di comprendere il senso di un decreto volto a regolamentare la vita civile: la situazione della pandemia ci accomuna ad altri popoli per i provvedimenti presi dalle autorità competenti, per il nostro bene comune. Il decreto di Cesare Augusto, per censire gli abitanti del vasto Impero romano, mobilitò le popolazioni perché andassero a farsi registrare nel loro luogo d’origine; i decreti di questi giorni ci costringono a fermarci e regolamentano giustamente i nostri spostamenti, per salvaguardare la vita e la salute dei più fragili.

Nelle pieghe di questo momento storico, i progetti di Dio avanzano silenziosamente e non vengono intrappolati: Dio agisce sempre con il suo amore di Padre ed illumina anche il nostro tempo, nel quale l’attenzione può essere giustamente catturata da ciò che responsabilmente dobbiamo fare o da ciò che ci manca, e per cui sentiamo sofferenza e dolore. Manifesto vicinanza e prego per i malati ricoverati nei reparti Covid, in attesa di vedere la luce al di fuori del tunnel; per tutte quelle persone che, in questi giorni, non potranno avere la gioia di riabbracciare i loro figli o i loro anziani genitori; inoltre, con voi tutti manifesto gratitudine a chi sta facendo il proprio dovere sia nelle corsie degli ospedali, sia per le strade, per controllare comportamenti che potrebbero essere nocivi alla salute pubblica.

Dio è nato e continuiamo a celebrare la sua nascita in tutte le epoche della storia perché da quando è stato dato alla luce a Betlemme dalla Vergine Maria, non ha mai abbandonato il mondo, e in esso misteriosamente continua ad agire con la forza della sua Grazia e attraverso la testimonianza di chi crede in Lui e si fa suo strumento. Non hanno fermato l’annuncio della sua nascita neppure quei decreti che hanno annunciato la morte di Dio nei Paesi che si sono proclamati atei; né lo fermeranno quelle leggi economiche che decretano nei loro sistemi la morte dei poveri o il loro sempre maggiore impoverimento.

I poveri ci sono ancora: sono la negazione della nostra capacità di essere fratelli e di attuare i progetti di Dio, e il Papa ci ricorda che “Quando si dice che il mondo moderno ha ridotto la povertà, lo si fa misurandola con criteri di altre epoche non paragonabili con la realtà attuale. Infatti, in altri tempi, per esempio, non avere accesso all’energia elettrica non era considerato un segno di povertà e non era motivo di grave disagio. La povertà si analizza e si intende sempre nel contesto delle possibilità reali di un momento storico concreto” (Fratelli tutti, 21).

Gesù Cristo è nato e l’annuncio della sua nascita si diffonde nel mondo ripetendo quelle espressioni che furono proclamate ai pastori, primi destinatari non dei decreti di Cesare, ma di quelli di Dio che, nel suo protocollo e nelle epigrafi delle sue missive, privilegia sempre i poveri; e noi forse non l’abbiamo ancora capito. Alla vista dell’angelo i pastori si impauriscono e anche per loro risuona quel “Non temete!” che non ci lascia soli nella storia. Non lascia sola Maria, Giuseppe, neppure Zaccaria, il padre del Battista, povero di fede e di speranza. Questo invito carico di speranza nel futuro è stato il messaggio che come Vescovo ho voluto consegnare ad ognuno, come eco di quello dell’angelo, messaggero di Dio. E ad esso ho accostato le parole di un annunciatore della pace come don Tonino Bello, che esorta, quando la paura bussa alla nostra porta, di inviare ad aprire la fede, la speranza, la carità, per ricevere la bella sorpresa, che essa ha già tagliato la corda, e dietro la porta non troviamo più nessuno.

L’angelo che appare ai pastori dà sostanza al suo messaggio e non si ferma ad una vuota rassicurazione perché prosegue: “Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,11). Anche qui la notizia è delle più belle. Anzi, la più bella. Perché quei pastori al fuoco dei loro bivacchi non si sentissero esclusi, come di fatto lo erano già, dal Tempio, dalle piazze, dai giorni di festa, ma fossero i primi invitati a far visita al Signore, ed è per questo che ricevono un segno con cui lo riconosceranno: il Salvatore sarà un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia. Un segno non di distinzione, ma di vicinanza alla loro condizione, perché forse anche le loro mogli, quando portavano loro il cibo dalle loro case, posavano i loro lattanti sulla paglia, nelle mangiatoie delle stalle.

La mangiatoia e le fasce sono il segno distintivo di Dio fatto uomo, segno di vicinanza, di prossimità, di fraternità, che sovverte tutti i canoni umani, anche quelli della Rivoluzione francese che, in cima agli alberi della libertà, ha issato il trinomio libertà, uguaglianza, fraternità. Gesù Cristo non parte dalla libertà, né dall’uguaglianza, ma dal sentirsi fratello, per farci capire quando si è davvero liberi dai lacci dell’egoismo: se ami una persona come un fratello, non la incateni ai tuoi pregiudizi, alle tue voglie, a un salario di fame che ne fa solo un dipendente o, peggio, lo rende schiavo. Se ami uno come un fratello lo consideri uguale, figlio dello stesso Padre che è nei cieli.

Papa Francesco ce lo ha ribadito: che cosa accade se la libertà non è animata dalla fraternità? Egli risponde: “Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia per appartenere a qualcuno o a qualcosa, o solo per possedere e godere. Questo non esaurisce affatto la ricchezza della libertà, che è orientata soprattutto all’amore” (Fratelli tutti, 103).

E cosa accade se si vuole essere uguali, ma senza passare dalla fraternità? Risponde ancora il Papa: “Neppure l’uguaglianza si ottiene definendo in astratto che ‘tutti gli esseri umani sono uguali’, bensì è il risultato della coltivazione consapevole e pedagogica della fraternità. Coloro che sono capaci solamente di essere soci creano mondi chiusi” (Fratelli tutti, 104).

Quella notte, il “Non temere!” si è arricchito di una certezza, che cioè Dio si è fatto vicino, che tutti gli uomini sono amati dal Signore, che Dio è venuto ad indicare una strada di salvezza per i credenti, ma anche per i non credenti, che è la fraternità.

E allora, mentre i decreti, come al tempo di Cesare Augusto, vogliono giustamente regolare la nostra vita civile, scopriamo che i progetti di Dio vanno oltre, e ci fanno andare al di là delle preoccupazioni del momento, perché ci interpellano per un futuro migliore. Ci invitano a non temere e ad andare verso gli altri con l’umiltà di chi si sente fragile – la pandemia ce lo ha ricordato – e nessuno si può sentire estraneo agli altri.

I progetti del Signore ci invitano ad andare verso gli altri come verso fratelli, e a misurare la nostra libertà e il nostro desiderio di essere uguali con la verità della fraternità. La pandemia ci aiuti ad essere meno egoisti, più solidali, più consapevoli della fragilità nostra e degli altri, più fratelli.

Il sigillo di Dio a questo annuncio è il canto degli angeli “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini, amati dal Signore”: cioè tutti gli uomini, perché Dio ama tutti!

Il sigillo dei pastori è il loro muovere i passi verso il Dio fatto Bambino, il Figlio di Dio che si è fatto nostro fratello, in una transumanza che ci fa uscire da egoismi e assopimenti della nostra fede, nei quali, se ci crogioliamo, perdiamo la gioia di incontrare il Signore. Perciò, come i pastori, “Andiamo fino a Betlemme”. Ognuno sa quale Betlemme lo attende, per incontrare Cristo Gesù, per incontrare il fratello.

 

 

† Luigi Renna

Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano

Un Natale che infonde Speranza

Domenica, 20 dicembre 2020, durante la recita dell’Angelus, papa Francesco ci ha invitato a dare una mano a chi ha più bisogno per celebrare il vero Natale. “In questo tempo difficile, anziché lamentarci di quello che la pandemia ci impedisce di fare, facciamo qualcosa per chi ha di meno: non l’ennesimo regalo per noi e per i nostri amici, ma per un bisognoso a cui nessuno pensa”, ha affermato il Pontefice, offrendo ai fedeli un “consiglio” per il Natale: “Perché Gesù nasca in noi, prepariamo il cuore, andiamo a pregare, non ci lasciamo portare avanti dal consumismo, da quella frenesia di fare cose, cose, cose”. “Guardiamoci intorno, guardiamo soprattutto a quanti sono nell’indigenza, il fratello che soffre dovunque si trovi: il fratello che soffre ci appartiene, è Gesù nella mangiatoia”. “Incontreremo davvero il Redentore nelle persone che hanno bisogno” ha sottolineato papa Francesco.

La città di Cerignola ancora una volta ha risposto all’appello sia del Papa che della Caritas diocesana. In questo periodo tante sono state le famiglie che hanno espresso un gesto di solidarietà nelle Caritas parrocchiali e tante le aziende che hanno sostenuto la Caritas diocesana:

 

COLDIRETTI- FOGGIA; AGRI. Cer. di Vincenzo Cirulli srl; PUGLIA FOOD di Amato Sante; CGIL SANITASERVICE – CERIGNOLA; ALLIANZ ASSICURAZIONI – CERIGNOLA; MOLINI AMORUSO – FARINE DAL 1958; LIONS CLUB – CERIGNOLA; ROTARY CLUB – CERIGNOLA; SUPERMERCATI CONAD – FRATELLI MORANO – CERIGNOLA; SOCIETÀ SPORTIVA AUDACE CERIGNOLA; IPOSEA S.R.L.;  PROFUMO DI PANE – FRATELLI DILORENZO; FOCACCERIA/PANETTERIA TULLO NICOLA; CASEIFICIO ANDRIESE – BONTÀ GENUINA PERINA; FARMAVERDE srl di Luigi Argentino; AURESGROUP srl; UnipolSai di Fratepietro Domenico; GRUPPO MEGAMARK; Associazione La Cicogna di Cerignola; Arte e Sapori s.r.l. di Pino Merafina; Azienda AZZOLLINO.

 

“Grazie!” alla POLIZIA DI STATO – COMMISSARIATO di CERIGNOLA in prima linea anche nella raccolta di beni di prima necessità.

 

Un “Grazie!” a tutti coloro che hanno permesso a tante famiglie di vivere un Natale più sereno, a quanti in questo periodo hanno sperimentato la sofferenza, l’isolamento, la solitudine, un lavoro precario e sottopagato o addirittura la perdita del lavoro.

 

La pandemia ha messo a dura prova la vita di tante persone, costringendole spesso ad affrontare da sole dolori grandi come la morte dei propri cari o l’impossibilità di stare accanto a chi vive in sofferenza. Un Natale, però, che ci ha fatto riscoprire anche l’importanza di donarsi e di incontrare Cristo che nasce nel povero.

Il contagio della carità ci dà speranza perché ci aiuta a diffondere la cultura della solidarietà e dell’amicizia sociale che può riscattare la nostra Città.

 

† Luigi Renna

Vescovo

 

Sac. Pasquale Cotugno

Direttore Caritas diocesana

“Non temete: ecco vi annuncio una grande gioia” (Lc 2,10) – Il Messaggio per il Natale 2020 del vescovo Luigi Renna

In un tempo caratterizzato “da una giusta prudenza” per arginare la diffusione del Covid-19 e segnato “dalla tristezza per la perdita di qualche persona cara”, Sua Ecc. Mons. Luigi Renna, vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano, invita i diocesani a non avere timore, facendosi voce “dell’annuncio degli angeli ai pastori nella notte di Natale”: “Non temete” diventa la certezza di “una Presenza che da quell’‘oggi’ di più di duemila anni fa, non ha più abbandonato l’umanità: il Figlio di Dio fatto uomo”, concretizzandosi nella “vicinanza orante a chi è malato, a chi sta piangendo un amico o un parente deceduto, a chi fa fatica a sorridere, a credere e a sperare”.

Speranza e fiducia impregnano una riflessione che, lasciandosi guidare dai protagonisti del presepe, individua nel tempo dell’attesa lo spazio utile per la realizzazione dei “progetti di Dio”: “Quel ‘Non temere’ – scrive il vescovo Renna – irrompa come un raggio di luce nelle fitte tenebre del mondo e fughi ogni paura! È una cosa terribile la paura, perché blocca le mani che non riescono più ad abbracciare, i piedi che non ardiscono più di camminare, gli occhi che non scorgono un orizzonte”.

Cita Ermes Ronchi, don Tonino Bello, John Henry Newman, il Vescovo della diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano per ribadire, in forma chiara, che “Il Natale arriva per annunciarci una verità valida per ogni giorno dell’anno: ‘Oggi è nato per noi un Salvatore!’ è il motivo grande per non temere, perché questo Dio non ci fa fuggire dalla storia e dalla responsabilità, ma si ‘tuffa’ nella nostra umanità, e ci invita ad andare oltre le nostre piccole visioni ristrette, ci rassicura che Dio è premuroso verso i suoi figli, tutti ‘amati dal Signore’, e ci fa incamminare su una strada che porta alla luce”.

Scaturisce da tali premesse l’esempio da imitare ponendosi alla scuola di quei viandanti che, illuminati dalla luce del Natale, dopo aver ricevuto l’annuncio, “si mettono in cammino”: “Maria va incontro a sua cugina Elisabetta, Giuseppe va da Maria per prenderla come sposa, Zaccaria da sua moglie e la rende madre, i pastori vanno a Betlemme e adorano il Bambino avvolto in fasce, deposto in una mangiatoia”. Quello ieri continua a costituire il modello per l’oggi che, nel tempo della pandemia, diventa invito a “pregare in famiglia” o “da soli”; a “curare” e a “non abbandonare” per essere investiti dalla “valanga d’amore che travolge tutti con la carità”; a “essere prudenti” per “sentirsi responsabili della salute degli altri”.

Non manca, nel Messaggio del Vescovo, l’attenzione all’altro, nella constatazione che non è sufficiente condividere qualcosa, “ma la vita, con i suoi pensieri, le sue risorse, i suoi slanci”. “Dico a voi – è l’esortazione che mons. Renna rivolge ai ragazzi e giovani – avete pensato tra i regali da fare, anche un dono per una persona sola, povera, emarginata, magari anche sconosciuta? Provate a condividere! Diventate gli ‘artigiani della fiducia nel futuro’. E vi sentirete più felici!”.

A tale proposito la Diocesi ha organizzato, attraverso la Caritas, una raccolta alimentare nelle parrocchie, da domenica 20 fino a mercoledì, 23 dicembre 2020, per il sostegno di tante famiglie: ci si potrà recare nella propria parrocchia o alla sede della Casa della Carità, sita al Piano delle Fosse (in mattinata), per offrire un pacco dono che sarà distribuito alle famiglie seguite dalla Caritas.

Per gli adulti, l’invito del Vescovo diventa stimolo a evitare il “grande spreco” e l’“inutile fracasso” per un “Natale più sobrio”, sottraendosi alla “pessima usanza (…) degli spari e dei botti” perché la Notte Santa risuoni “di fede e gioia familiare”. A questo proposito, la “Preghiera davanti al presepe” offre uno schema che invita la famiglia, in questa situazione di emergenza, a vivere un momento di preghiera.

Un piccolo segno della Natività del Signore, inoltre, sarà la proiezione di una immagine della Madonna col Bambino sulla facciata del Duomo, dal 19 dicembre al 6 gennaio: grazie ad alcuni benefattori che sono voluti rimanere anonimi e alla Curia Vescovile, questo segno di fede e di speranza illuminerà la città.

Scomparso don Claudio Visconti, vice parroco della chiesa dello Spirito Santo

È venuto a mancare oggi, 19 dicembre 2020, nell’Hospice “Mons. Aurelio Marena” di Bitonto, don Claudio Visconti, 55 anni, vice parroco della chiesa dello Spirito Santo a Cerignola. I funerali, presieduti da Sua Ecc. Mons. Luigi Renna, vescovo della Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, si svolgeranno lunedì, 21 dicembre 2020, con inizio alle ore 10, nella Basilica Cattedrale di San Pietro Apostolo a Cerignola. Al termine la salma raggiungerà Carapelle.