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Terremoto in Turchia e Siria: prendiamoci cura delle vittime

“Il mio pensiero va, in questo momento, alle popolazioni della Turchia e della Siria duramente colpite dal terremoto, che ha causato migliaia di morti e di feriti. Con commozione prego per loro ed esprimo la mia vicinanza a questi popoli, ai familiari delle vittime e a tutti coloro che soffrono per questa devastante calamità. Ringrazio quanti si stanno impegnando per portare soccorso e incoraggio tutti alla solidarietà con quei territori, in parte già martoriati da una lunga guerra”.

Facciamo nostro l’appello di papa Francesco, al termine dell’udienza generale di mercoledì, 8 febbraio, rinnovando la nostra profonda partecipazione alle sofferenze e ai problemi delle popolazioni di Turchia e Siria provate dal terremoto. Per far fronte alle prime urgenze e ai bisogni essenziali di chi è stato colpito da questa calamità, la CEI ha disposto un primo stanziamento di 500.000 euro dai fondi dell’8xmille per iniziative di carità di rilievo nazionale. Tale somma sarà erogata tramite Caritas Italiana, già attiva per alleviare i disagi causati dal sisma e a cui è affidato il coordinamento degli interventi locali. Continua a crescere, infatti, il numero delle vittime accertate, mentre sono ancora diverse migliaia le persone disperse e quelle ferite. Drammatica anche la condizione dei sopravvissuti, che hanno bisogno di tutto, stretti tra le difficoltà del reperimento di cibo e acqua e le rigide condizioni climatiche.

Consapevole della gravità della situazione, la Presidenza della CEI ha deciso di indire una colletta nazionale, da tenersi in tutte le chiese italiane domenica, 26 marzo 2023 (V di Quaresima): sarà un segno concreto di solidarietà e partecipazione di tutti i credenti ai bisogni, materiali e spirituali, delle popolazioni terremotate. Sarà anche un’occasione importante per esprimere nella preghiera unitaria la nostra vicinanza alle persone colpite.

“Nella nostra diocesi – dichiara don Pasquale Cotugno, direttore della Caritas – per espressa volontà del nostro vescovo Fabio Ciollaro, sarà possibile anticipare la colletta  al Mercoledì delle Ceneri. Ogni persona di buona volontà, al di là del giorno della colletta, potrà partecipare a questa raccolta attraverso una donazione fino al 27 aprile. Confidiamo nella generosità di tutto il nostro territorio (singoli cittadini, associazioni, imprese) che ha sempre mostrato una grande sensibilità nel soccorrere chi ha bisogno di un aiuto concreto”.

“La Quaresima – continua don Pasquale –, come ci ricorda papa Francesco, è tempo di carità e rimane la più alta espressione della nostra fede e della nostra speranza. Una carità che oggi vuol dire prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia a causa del terremoto in Siria e Turchia. La carità è dono che dà senso alla nostra vita e grazie al quale consideriamo chi versa nella privazione quale membro della nostra stessa famiglia, amico, fratello”. Infatti “il poco, se condiviso con amore, non finisce mai, ma si trasforma in riserva di vita e di felicità. Così avvenne ‘per i pani che Gesù benedice, spezza e dà ai discepoli da distribuire alla folla’. Così avviene ‘per la nostra elemosina, piccola o grande che sia, offerta con gioia e semplicità’”.

Sin d’ora è, comunque, possibile sostenere gli interventi di Caritas Italiana per questa emergenza, utilizzando il bonifico bancario e specificando nella causale “Terremoto Turchia-Siria 2023” tramite:

  • Banca Intesa Sanpaolo, Diocesi di Cerignola – Ascoli Satriano, Piazza Duomo 42 – 71042 Cerignola Fg

IBAN: IT50X0306909606100000105081 CAUSALE: Caritas diocesana emergenza Terremoto Siria-Turchia.

 

PADRE NELLA FEDE – Omelia nella celebrazione diocesana per il defunto Papa emerito Benedetto XVI

In foto, il vescovo Fabio presso la salma di papa Benedetto.

 

PADRE NELLA FEDE

Omelia nella celebrazione diocesana per il defunto Papa emerito Benedetto XVI

Duomo di Cerignola, 4 gennaio 2023

 

  1. Un bisogno del cuore ci porta a raccoglierci in questa celebrazione diocesana, alla vigilia delle esequie del defunto Papa emerito Benedetto. Ieri sono stato a Roma a inginocchiarmi vicino alla sua salma e spiritualmente vi ho portato con me, raccomandando alla preghiera di papa Benedetto la Chiesa universale in questo frangente della storia, la nostra diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, il ministero dei nostri sacerdoti e il mio servizio episcopale in mezzo a voi. Oggi ci ritroviamo per lui in questo Duomo, a conferma di ciò che egli ci ha detto: “Chi crede non è mai solo, non lo è nella vita e neanche nella morte”. Noi confidiamo che il suo cuore abbia potuto sperimentare questa dolce certezza nell’ora del suo passaggio all’altra vita, e che ancor di più lo sperimenti adesso mentre tutta la Chiesa prega perché la sua anima, purificata dalle scorie terrene, gioisca per sempre nella visione beatifica del cielo.

Ci colpisce il fatto che il vangelo di oggi, 4 gennaio, nel racconto giovanneo sull’incontro dei primi discepoli con Gesù, riporti quella parola singolare che il Signore rivolse al pescatore Simone: Fissando gli occhi su di lui, disse: Tu sei Simone, figlio di Giovanni. Ti chiamerai Kefa, che vuol dire pietra. Era la prima volta che s’incontravano. Simone era un uomo con i piedi ben piantati per terra, forse era andato un po’ scettico a vedere questo nuovo predicatore, di cui il fratello Andrea gli aveva parlato con tanto entusiasmo. Ma ora si sente guardato in profondità e ascolta un po’ stranito quello che Gesù gli dice: Tu sei Simone, figlio di Giovanni, cioè so chi sei e a chi sei figlio, so come sei, la tua indole, la tua sincerità e anche i tuoi punti deboli, conosco tutta la tua vita in ogni aspetto. Tu, proprio tu, ti chiamerai Kefa, un nome aramaico, dialettale, che l’evangelista si affretta a tradurre per noi. Ti chiamerai Kefa, che vuol dire pietra. Né Simone né gli altri in quel momento capirono perché quel cambiamento di nome. Ma intuirono che Gesù aveva un progetto particolare su di lui. Quel nome indicava una missione, che al momento giusto sarebbe apparsa chiara. Non certo per la fermezza del suo carattere, che anzi gli difettava; bensì in forza del mandato a lui affidato, Simone sarebbe divenuto Kefa, la solida roccia che avrebbe sostenuto la fede degli altri apostoli e della Chiesa fondata da Cristo.

  1. Fissando gli occhi su di lui, disse: Tu sei Simone, figlio di Giona, ti chiamerai Kefa, che vuol dire pietra. C’è stato un giorno in cui questa parola evangelica si è compiuta anche per il cardinale Joseph Ratzinger. Sotto le volte della Cappella Sistina, con sgomento ha sentito risuonare il suo nome tante volte, man mano che procedeva lo spoglio delle votazioni, fino al momento in cui gli è stata posta la domanda cruciale: Accetti l’elezione? Negli anni precedenti, raggiunti i limiti di età, aveva pregato più di una volta Giovanni Paolo II di sollevarlo dai suoi compiti a Roma, ma il papa gli aveva chiesto di restare accanto a lui fino alla fine. Morto Giovanni Paolo II, ormai pregustava il giusto riposo e non vedeva l’ora di tornare finalmente nella sua terra, in Baviera. E invece a 78 anni si sente porre quella domanda tale da far tremare a chiunque le vene e i polsi: Accetti?   Umanamente avrebbe preferito altro, ma in quel momento i segni erano chiari: proprio a lui veniva chiesto di succedere a Giovanni Paolo II e di assumere il mandato dell’Apostolo Pietro. E lo vedemmo apparire al balcone della basilica in piazza San Pietro, con il nuovo nome di Benedetto XVI, timido e stupefatto, facendosi coraggio con pensieri di fede, e presentandosi sinceramente come un umile lavoratore nella vigna del Signore.

Tu sei Simone, figlio di Giovanni. Scegliendo il pescatore di Galilea, Gesù sapeva bene come era fatto, con i suoi pregi e i suoi punti deboli, ma ha voluto proprio lui come Roccia della Chiesa. Noi, invece, non conoscevamo il nuovo Papa o lo conoscevamo solo attraverso le immagini distorte che davano di lui i mezzi delle comunicazioni sociali, distorsioni che purtroppo hanno continuato a diffondere implacabilmente. Ma egli non si è fermato a raccogliere i sassi e a rilanciarli. Nella sua mansuetudine non reagiva, come Gesù: oltraggiato non rispondeva con oltraggi e soffrendo non minacciava vendetta. Invece, finché le forze fisiche lo hanno accompagnato si è dedicato totalmente alla missione ricevuta, come Pastore e Maestro della Chiesa, ma anche come sereno interlocutore di chi cerca di camminare nella vita alla luce della ragione.

Il compito fondamentale di ogni successore di San Pietro è sempre identico, ma ogni Papa lo svolge con le sue personali caratteristiche. Così Joseph Ratzinger ha messo a servizio di tutti lo specifico carisma che il Signore gli aveva dato in abbondanza e che sempre lo ha contraddistinto:  l’intelligenza penetrante unita al dono di saper insegnare in modo cristallino. Lo sapevano bene i giovani studenti che facevano ressa intorno alla sua cattedra, tanto che le aule universitarie non riuscivano mai a contenere tutti quelli che volevano seguire i suoi corsi. Sapevano l’ordito inconfondibile delle sue lezioni, la sua capacità di far affiorare le domande che l’intelligenza pone alla fede, la forza della logica e delle sue argomentazioni, il linguaggio limpido e piano, con sfumature a volte di poesia e di bellezza. Ma conoscevano anche la sua modestia, l’assenza di ogni sussiego, la gentilezza con cui si rapportava con chiunque.

E così lo abbiamo conosciuto anche noi, negli anni del suo pontificato. Quanta sicurezza e profondità nei suoi insegnamenti! Quanta fiducia in Dio, quanta speranza sapeva alimentare in noi nonostante le diagnosi lucidissime di cui era capace riflettendo sulle situazioni attuali! Egli è stato veramente Kefa, la solida roccia che ha sostenuto la nostra fiducia sempre vacillante. Sentivamo in Lui la gioia della fede, nutrita di preghiera, ancorata a ciò che non è mutevole e caduco. Sentivamo in lui l’amore per la Chiesa, per le ricchezze spirituali della liturgia, per il cielo stellato dei santi, per la bellezza che il cristianesimo ha generato in ogni espressione artistica, per la testimonianza di carità e di servizio di tanti discepoli di Gesù. E proprio perché amava la Chiesa, ha saputo chiamare per nome e ha affrontato con risolutezza la sporcizia, con cui l’hanno deturpata quei sacerdoti infedeli e corrotti, di cui si sono manifestati i peccati e i reati. Ma ciò non ha scalfito mai la sua fiducia nel bene, che è più grande del male. Così come il pensiero debole, tipico della cosiddetta società liquida, non ha scalfito mai la sua fiducia nella forza della ragione, e da qui è scaturito quell’incoraggiamento che egli ha dato in tante occasioni a non rinunciare all’uso della ragione, a non amputare la nostra intelligenza, a non restringerne l’orizzonte di ricerca e di riflessione. Ecco perché anche persone agnostiche ma oneste o atee ma oneste hanno espresso gratitudine per la “luce gentile” che promanava dalle sue parole.

Poi è venuto un insegnamento del tutto inatteso, derivante dalla sua meditata rinuncia al pontificato. Era una possibilità espressamente prevista dal diritto canonico, ma rarissima fino ad oggi nella lunga storia della Chiesa. Passato lo sconcerto iniziale, abbiamo compreso sempre meglio il suo coraggio e la sua umiltà nel compiere un passo così. Aveva constatato che la vita si va allungando, ma avvertiva che le sue forze fisiche diminuivano  sempre più, e cominciò a interpretarlo  come un nuovo segno che gli veniva dato. In quel periodo interrogò più volte la sua coscienza sensibile e matura, cioè interrogò il Signore, e con la calma che nasce quando le decisioni si prendono veramente in coscienza e davanti a Dio, fece la sua scelta. La fece per il bene della Chiesa, senza ritenersi insostituibile, riaffermando la sua fiducia nel Signore. “Ho sempre saputo – disse allora – che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare, è lui che la conduce”. E da allora un affetto ancora più grande verso papa Benedetto è cresciuto dentro di noi.

  1. In questi ultimi anni, vissuti in modo silenzioso, appartato e modesto, una cosa sola lo ha fatto soffrire: che il suo nome venisse contrapposto strumentalmente al nuovo Papa o venisse usato a pretesto per delegittimarlo. Invece abbiamo visto tutti il rispetto, la lealtà, il sostegno che il papa emerito ha dato a papa Francesco, mentre al tempo stesso siamo stati edificati dall’amore e dalle attenzioni che papa Francesco ha avuto verso papa Benedetto e dall’alta stima che in tante occasioni ha testimoniato nei suoi riguardi. Fratelli sacerdoti e voi tutti, figli e figlie di questa diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, accogliamo con gratitudine anche questo suo ultimo insegnamento. Noi siamo con il Papa. Non è questione di simpatia o di affinità maggiore o minore verso l’uno o verso l’altro. Noi siamo con il Papa perché è il Successore di Pietro. A Lui è stato detto: pasci le mie pecorelle. Oggi il Successore di Pietro è papa Francesco. Dunque, non lasciamoci incantare da sofismi. Il Papa è il Papa. Intorno a lui ci stringiamo in unità. Tutti possiamo dare il nostro contributo alla vita della Chiesa, ma papa Francesco, per usare un’immagine, ha il compito di indicare la rotta nella navigazione odierna, la direzione più adatta nel nostro tempo. Il patrimonio fondamentale della fede, come sappiamo, è invariabile, né può essere manipolato a piacimento da un papa, da un vescovo o da un prete. Però, salva la sostanza, può variare il modo di proporlo, si possono valutare con saggezza le priorità nelle scelte pastorali, si può individuare la linea concreta da seguire per aprirsi alle situazioni contingenti, per cercare sempre il bene delle anime, perché questo deve stare a cuore a ogni pastore. Resta la luce del Vangelo, restano lo spirito e la lettera del Concilio Vaticano II, in un’ermeneutica di continuità con il magistero precedente, resta la nostra docilità verso il Pastore della Chiesa di oggi, seguendo il cammino che papa Francesco ci indica. Noi siamo con il Papa, lo amiamo e desideriamo fare tesoro dei suoi insegnamenti. Anche in questo onoreremo la memoria del defunto pontefice emerito e ne seguiremo l’esempio.

Con questi pensieri e questi propositi, desideriamo salutarlo con filiale devozione nel suo passaggio all’altra vita. Senza voler prevenire il giudizio che a suo tempo potrà essere dato da coloro a cui compete, mi viene spontaneo rivolgermi a papa Benedetto con l’inno dei santi pastori e dottori della Chiesa:

Maestro di sapienza

e Padre nella fede

tu splendi come fiaccola

nella Chiesa di Dio.

Tu illumini ai credenti

il mistero profondo

del Verbo fatto uomo

per la nostra salvezza.

Tu guidaci alla vetta

della santa montagna,

dove i miti possiedono

il regno del Signore.

 

Non si intravede in queste strofe il suo profilo? Non si intravedono il suo magistero, la sua umiltà, la sua mitezza? Così lo abbiamo conosciuto, così ringraziamo il Signore di avercelo donato. A lode di Cristo. Amen.

 

+ Fabio Ciollaro

(In foto, il vescovo Fabio presso la salma di papa Benedetto)

Comunicazione alla Diocesi per la morte di Benedetto XVI

Al clero e ai fedeli della Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano

Siamo tutti  colpiti dalla morte del nostro amato e venerato Papa emerito Benedetto. La storia, quietate le animosità, riconoscerà la sua grandezza. Noi gli saremo per sempre grati per il suo magistero profondo e sicuro, e per il suo esempio di mitezza e di umiltà.

In questo momento è consolante  ricordare ciò che un giorno egli ha detto: “Chi crede non è mai solo – non lo è nella vita e neanche nella morte”. Siamo certi che abbia potuto sperimentarlo con dolcezza anche nei suoi ultimi istanti.

+ Fabio Ciollaro

Vescovo

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  1. A mezzogiorno di oggi, subito dopo il suono consueto delle ore 12, e poi stasera alle ore 18, tutte le chiese suoneranno per un minuto con i rintocchi per i defunti.
  2. Attenderemo disposizioni per le celebrazioni esequiali.
  3. Nelle SS. Messe di stasera e domani inseriremo questa preghiera:

Per il nostro defunto papa emerito Benedetto: perché la sua anima gioisca per sempre nella visione beata di Dio e tutta la Chiesa custodisca con gratitudine i suoi insegnamenti, preghiamo.

“Per una Chiesa mistagogica”: la presentazione del volume di don Giuseppe Ciarciello

Appuntamento lunedì, 12 dicembre 2022, alle ore 17,30, nella sala conferenze “Giovanni Paolo II” della Curia Vescovile (Piazza Duomo, Cerignola), per la presentazione del volume “Prendimi per mano. Riflessioni teologiche per una Chiesa mistagogica” (Effatà Editrice) di don Giuseppe Ciarciello, parroco della chiesa di San Domenico, dottore di ricerca in Teologia liturgica, docente nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose Metropolitano “San Michele Arcangelo” in Foggia.

“‘Prendimi per mano’ – si legge nella quarta di copertina – è il titolo denso di tenerezza e mistero di questo libro, che credo sia un invito di Cristo rivolto alla mia vita. Prendere per mano è per eccellenza il gesto più significativo e concreto di ogni azione educativa. Per condurre qualcuno in qualsiasi direzione, non basta che gli si dica cosa fare o dove andare, è necessario prendere per mano, accompagnare, un passo alla volta fino alla meta. Questo testo è il tentativo di riflettere teologicamente e sognare una Chiesa mistagogica, desiderosa di prendere per mano e condurre l’umanità all’incontro col Maestro, lungo le strade dell’esistenza”.

Con l’Autore, interverranno Sua Ecc. Rev.ma Mons. Fabio Ciollaro, vescovo della diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, e Sua Ecc. Rev.ma Mons. Felice di Molfetta, vescovo emerito. L’incontro sarà moderato dal prof. Angelo Giuseppe Dibisceglia, docente della Facoltà Teologica Pugliese a Bari.

L’esempio di Aldo Moro (1916-1978) – A Bari, con la presenza di Agnese Moro, la seconda Giornata di Studio sull’impegno politico dei cattolici nel Novecento

Organizzata dall’Istituto Salesiano del “SS. Redentore”, diretto da don Pasquale Martino sdb, e dall’APS “Laboratorio Don Bosco oggi: Educazione-Cultura-Pastorale”, presieduto da don Giuseppe Ruppi sdb (via Martiri d’Otranto, 65 – Bari), con il patrocinio di prestigiose istituzioni ecclesiali (Ufficio Nazionale per i Problemi sociali e il Lavoro/CEI; Salesiani per il Sociale; CIF-Bari), civili (Regione Puglia; Comune di Bari) e accademiche (Facoltà di Filosofia dell’Università Pontificia Salesiana; Facoltà Teologica Pugliese; Università degli Studi “Aldo Moro”; Università “Giustino Fortunato”; Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa), si svolgerà sabato, 10 dicembre 2022, dalle ore 9, la seconda Giornata di Studio sul tema “Il Vangelo e la politica: valori, modelli, esperienze”, dedicata a “L’esempio di Aldo Moro (1916-1978)”.

«L’iniziativa – afferma il prof. Ruppi – si colloca sulla scia del precedente appuntamento svoltosi lo scorso 28 maggio quando, nell’analizzare “Il caso del Novecento”, ci siamo posti alla scuola di Luigi Sturzo e di Giorgio La Pira, modelli per lo studio dell’“impegno politico dei cattolici: dallo ieri nell’oggi per il domani”. Il 10 dicembre approfondiremo il contributo fornito da Aldo Moro, autorevole interprete del panorama ecclesiale e politico italiano, illustrato dalle relazioni di due noti docenti universitari e testimoniato dall’intervento della figlia, la dott.ssa Agnese Moro. Nell’insieme le due iniziative, i cui testi confluiranno nel volume che pubblicheremo agli inizi del prossimo anno, hanno lo scopo di offrire una riflessione sul ruolo ricoperto dai cattolici, durante il XX secolo, in ambito politico, mossi dall’unico scopo di operare per il bene dell’Italia e degli italiani, riflesso particolare dell’antico e sempre valido principio del bene comune».

Dopo i saluti istituzionali e l’introduzione ai lavori del prof. Ruppi, docente della Pontificia Università della Santa Croce (Roma) e della Facoltà Teologica Pugliese (Bari), moderati dalla dott.ssa Rosanna Mastroserio del Laboratorio “Don Bosco oggi”, interverranno: il prof. Angelo Giuseppe Dibisceglia, docente dell’Università Pontificia Salesiana (Roma) e della Facoltà Teologica Pugliese (Bari) su “Aldo Moro: il cattolico vocato alla politica”; il prof. Guido Formigoni, docente dell’Università IULM (Milano) su “Aldo Moro: lo statista e il suo dramma”; la dott.ssa Agnese Moro, su “Aldo Moro: mio padre”. Le conclusioni saranno affidate al prof. Giuseppe Acocella, rettore dell’Università “Giustino Fortunato” di Benevento.

«L’invito – conclude il prof. Ruppi – è rivolto non soltanto ai rappresentanti delle istituzioni e degli enti presenti sul territorio e a quanti sono impegnati a vario titolo in politica, ma anche e soprattutto ai giovani e agli studenti, per i quali la conoscenza dell’illuminante esempio di alcuni modelli potrà costituire un’ulteriore tappa di formazione, alla scuola di Don Bosco, per essere “Buoni cristiani e onesti cittadini”».